Luigi Pirandello

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Susoisgod
view post Posted on 15/6/2008, 18:54




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Romanziere, novelliere, poeta e drammaturgo italiano (Agrigento, 1867 - Roma, 1936).

Autore di più di duecento novelle, di quattro raccolte di poesie, di sette romanzi e di due saggi, Pirandello ha segnato soprattutto la storia del teatro. Nelle sue commedie, in cui il realismo si mescola al fantastico, ha esplorato in modo brillantemente ossessivo la problematica dei ruoli sociali, dell’identità personale minacciata dallo sguardo degli altri, del riflesso reciproco del reale e del teatro, penetrando nelle zone indefinite dell’ inconscio, dell’utopia e del mito

Romanzi e teatro

Nel 1867, anno in cui Ibsen pubblica Peer Gynt, nasce Luigi Pirandello, il 28 giugno ad Agrigento (allora Girgenti). Dopo studi di lettere a Palermo, Roma e Bonn, si stabilisce a Roma nel 1893. Scrive L’esclusa, romanzo realista sul destino di una donna, accusata ingiustamente d’adulterio, che non riconquista uno status sociale se non paradossalmente compiendo l’atto di cui la si accusa. La prima delle sue numerose raccolte di novelle (Amori senza amore) è pubblicata nel 1894. Nel 1898, Pirandello fonda Ariel, dove appare la sua prima pièce in un atto, L'epilogo (che diventerà La morsa). Dopo La ragione degli altri, ritorna al romanzo: ne Il fu Mattia Pascal (1903), un uomo si fa passare per morto, tenta un’altra vita, e finisce per ritornare nella sua famiglia; ne I vecchi e i giovani (1909), descrive il disagio delle generazioni in Sicilia gli anni dopo l’Unità. I suoi primi due drammi (La morsa e Lumìe di Sicilia) sono rappresentati nel 1910, quando ha già alle spalle una carriera letteraria di circa venti anni, e, dal 1903, la certezza della pazzia della moglie, Antonietta (internata nel 1919, morirà nel 1959). Nel 1911, adatta per il teatro la sua novella Il dovere del medico (scritta a Roma nel 1913).

Nel 1915, Pirandello pubblica Si gira (ristampato nel 1925 sotto il titolo Serafino Gubbio, operatore), romanzo sul mondo nuovo del cinema e sulla decomposizione del reale sotto l’occhio della macchina fotografica. È con la rappresentazione de La ragione degli altri, a Milano, che comincia realmente la sua carriera di drammaturgo. Nel 1916, adatta in dialetto siciliano la sua novella Pensaci Giacomino!

Il successo

Le opere si susseguono allora regolarmente e guadagnano un successo sempre più crescente: Sei personaggi in cerca d’autore, dopo il suo fallimento a Roma, trionfa a Milano nel 1921. Dopo un primo viaggio, nel 1923, a Parigi ed a New York, il Teatro dell’ arte di Roma, di cui Pirandello è il direttore, presenta Sagra del signore della nave in Germania, in Gran Bretagna ed in Francia. Diana e la Tuda è data a Zurigo nel 1926. Molte pièce importanti, negli anni successivi, saranno così date all’estero prima di essere rappresentate in Italia: Lazzaro a Huddersfield (1929), Questa sera si recita a soggetto a Königsberg (1930), Quando si è qualcuno a Buenos Aires (1933), La favola del figlio cambiato in Germania (1934), Non si sa come a Praga (1934). Nel 1934, Pirandello, che ha aderito pubblicamente, nel 1924, al partito fascista, riceve il premio Nobel della letteratura.

Molte opere di Pirandello, lui vivo, sono state adattate per il cinema: Ma non è una cosa seria (1920), Il fu Mattia Pascal (1925), Enrico IV (1926); dalla novella In silenzio è tratto l’adattamento cinematografico della prima pellicola sonora prodotta in Italia. La MGM porta sullo schermo Come tu mi vuoi nel 1930, con Greta Garbo. Mentre si gira a Roma un adattamento di Pensaci Giacomino!, e mentre il drammaturgo è intento a scrivere i dialoghi di un nuovo adattamento cinematografico del Fu Mattia Pascal, colpito da una polmonite, muore il 10 dicembre 1936.

L’individuo spezzato

Il teatro di Pirandello dal 1910 al 1936 ha seguito un’evoluzione che va da Labiche a Sartre ed a Beckett, dal vaudeville alla nuova drammaturgia. All’inizio, riprende la commedia borghese, che piega alle proprie necessità, allontanandosi sempre più sia dai temi sia dalle convenzioni drammaturgiche imposte da quel genere. Opera tipica in tal senso Così è se vi pare dove a tale riguardo, un uomo e la suocera si contraddicono circa l’identità della moglie, ciascuno avanzando la propria verità. L’opera è ad un tempo sia l’esplorazione di una psicosi sia la negazione dell’intreccio tipico del dramma borghese. Ne Il piacere dell’onestà, un marito di comodo, preso dalla logica del suo ruolo, impone il rigore morale ad una famiglia che intendeva soltanto salvare le apparenze. Nel Giuoco delle parti e Tutto per bene, due mariti traditi passano dal ridicolo di cornuti da vaudeville al tragico: il primo, che ha sfidato a duello l’uomo che ha insultato sua moglie, invita l’amante di questa a farsi uccidere, in nome della coerenza dei ruoli; il secondo apprende molto tempo dopo la morte di sua moglie che questa lo ha tradito col suo benefattore e che tutti lo hanno creduto consenziente.

L’individuo, che appare dunque minacciato nella sua intimità ed integrità, di volta in volta contrasta o sfrutta le convenzioni sociali per mettere gli altri di fronte alla loro contraddizione, da un lato, e per preservare la propria coerenza, dall’altro.

Identità e meccanica sociale

Pirandello riprende i temi ed i modi del teatro dialettale, che piega in direzione dell’esplorazione della meccanica sociale e delle sue conseguenze sulla vita dell’individuo. La Sicilia, con la sua società arretrata, il suo complesso d’isolamento, la sua difficoltà a sentirsi parte integrante di una nazione predominata dai continentali e dai settentrionali, appare come un luogo astratto, da cui l’autore fissa su l’uomo ed il mondo un lucido sguardo. Rivela la follia latente che sottende anche situazioni banali e che finisce per investire tutta l’esistenza, costantemente minacciata di diventare troppo coerente, troppo vera per essere reale. Così, in Lumìe di Sicilia, la rabbia del musicista di paese siciliano contro la fidanzata diventata una cantante di successo rappresenta l’opposizione tra l’innocenza rurale e la corruzione urbana, ma è anche una riflessione sulla logica dei ruoli e la sua influenza sulla formazione dei caratteri.

Personaggi che spingono fino in fondo il gioco che lo sguardo degli altri impone loro, sono messi in scena in Pensaci Giacomino! e ne La Patente: il vecchio professore sposa una giovane donna e incita l’amante di questa a continuare il proprio ruolo; un uomo, considerato jettatore, esige una patente bella e buona di jettatore per negoziare il proprio allontanamento. In Liolà - quasi una trasposizione della Mandragola di Machiavelli -, una giovane donna ricorre al servizio di Liolà per garantire una discendenza al vecchio marito e mantenere la propria posizione. Ogni protagonista è cosciente delle tensioni e conflitti - tra vecchiaia e giovinezza, ricchezza e sfruttamento, vitalità e potere - nei quali è implicato. La commedia di costume tende alla trattazione drammaturgica del ruolo imposto all’individuo, che deve prendere coscienza della sua relatività nella trama delle relazioni sociali. Ogni ruolo sociale fissa per sempre l’individuo (persona) in un ruolo fittizio (personaggio); talora l’individuo per essere intimamente se stesso aderisce consapevolmente alla sua forma sociale, che è proprio quella in cui si sente chiuso come in una gabbia. Sembrerebbe che, paradossalmente, l’individuo raggiunga la propria verità e si senta vivere solo quando avverte tutto il peso della falsità dei rapporti impostigli dal vivere associato, della forma sociale in cui è chiuso come anche di percepire il proprio vero volto solo quando ha coscienza piena della propria maschera.

Dalla fragilità alla follia

Le prime pièce girano già attorno al problema della personalità, della sua coerenza, della sua continuità, della sua saldezza. Nella Ragione degli

altri, dove la moglie sterile si fa affidare il figlio dell‘amante del marito per allevarlo come fosse proprio, sembrerebbe presente solo la tematica del gioco e dello scambio di ruolo. Ma la questione dell’identità vi è già affrontata, come lo sarà ne L’innesto e ne L’altro figlio.

Altre due pièce trattano dell’individualità fragile. In Come prima, meglio di prima, un’adultera pentita è perdonata a condizione che si faccia passare per matrigna presso sua figlia, che odia la nuova arrivata e che vive nel culto della madre che le dicono essere morta. Ne La signora Morli uno e due, una donna precedentemente abbandonata e che si è rifatta una vita si trova presa ad un tratto tra un amante serio ed un marito instabile e donnaiolo.

In modo analogo, Vestire gli ignudi e Come tu mi vuoi mettono in scena donne che, nella menzogna e nella mitomania, tentano di fondare una vita autentica: si offrono all’amore di un uomo che le offrirebbe verità e sincerità, ma cedono all’interesse ed alla meschinità di una società chiusa su se stessa, e nella quale la verità è negata.

Enrico IV riprende e supera Tutto per bene: il protagonista, a seguito di un incidente cade in una follia dove è ristretto anche dai suoi parenti; avendo recuperato la ragione senza mostrarlo, riesce a vendicarsi, ma, per sfuggire alle conseguenze dei propri atti, non gli rimane che rifugiarsi definitivamente in una pazzia di cui non si saprà mai se è finzione o realtà.

Finzione scenica e realtà

Il racconto del passato come ricostituzione magica, mitica, mitopoetica, caratterizza i grandi drammi del “teatro nel teatro” come Sei personaggi in cerca d’autore. La realtà ed il gioco drammatico si incastrano in Ciascuno a suo modo: il pubblico di un dramma teatrale vi riconosce un recente fatto di cronaca, gli interessati ne informano gli attori, e l’evento si riproduce allora al terzo grado. In Questa sera si recita a soggetto gli attori cacciano via il loro regista, improvvisano un terzo atto secondo la logica dei caratteri e delle situazioni così intensamente che, mimando la morte dell’eroina, l’attrice sviene operando così un ritorno della finzione alla vita.

Il gioco di specchi tra la realtà e la finzione riappare ne L’uomo dal fiore alla bocca, dove lo sguardo di un uomo, condannato dalla malattia, scompone la realtà dei gesti in atomi d’eternità; ne L’amica delle mogli, in cui degli uomini impongono alla moglie il modello dell’amica perfetta che non si sposa; e in Trovarsi, dove un’attrice finisce per non saper più distinguere la finzione dalla vita, e, si sospetta, finanche capace, quando si abbandona all'amore, di ripetere nella vita le proprie finzioni di scena.

I “miti”

Nel corso dei suoi ultimi anni, Pirandello abborda temi filosofici, che sviluppa nei “miti”, preannunciati nel 1925 dallo Sagra del signore della nave, dove una festa d’autunno diventa un’allegoria dei disordini della vita.

Mito sociale, La nuova colonia, tratteggia il tentativo di alcuni paria di fondare una nuova società, nella quale si oppongono gli idealisti, i realistici e gli sciocchi, e dove l’ultima parola tocca alla fertile femminilità, portatrice di vita, solo valore certo. In Lazzaro, mito della morte e della religione, un uomo tenta di imporre la fede ai suoi parenti, prima di disconoscerla altrettanto fanaticamente mentre sua moglie, sacerdotessa spontanea della vita e del lavoro, compie attorno a sé i semplici miracoli dell’amore proprio e degli altri. Mito dell’arte e del sogno, I giganti della montagna, un’opera incompiuta, mette in scena una banda di teneri sognatori con i quali un'attrice tenta di imporre ad un pubblico di rustici muratori la pièce di un autore morto di cui coltiva la memoria e l’amore.

I “miti”, al pari dei drammi che ad essi si riallacciano, come La favola del figlio cambiato, sono costruiti su opposizioni manichee: spontaneità contro calcolo, fede contro devozione formale, sogno ed evasione contro pragmatismo e meschinità, e, secondo una formula famosa che Pirandello stesso ha battezzato: “forma” contro “vita”. In Diana e la Tuda, uno scultore si perde tra la modella e la statua che sta scolpendo; in Non si sa come, la rimozione di un momento di smarrimento dei sensi e la costruzione nevrotica di un discorso di giustificazione della propria innocenza, conduce l’eroe alla pazzia e alla morte.

Nell’individuo e nella società sono all’opera delle forze che l’uomo conosce appena e che non domina: finge di affrontarle nell’angoscia, nella malafede, nell’illusione, le quali finiscono per schiacciarlo. Tale è il tragico della vita, ostinatamente rappresentato nel teatro di Pirandello.

Il teatro nel teatro

L’opera di Pirandello, mettendo in gioco la problematica del funzionamento del teatro, è risolutamente critica verso quest’istituzione. Essa smonta implacabilmente i meccanismi che presiedono alla rappresentazione. In molti drammi di Pirandello appaiono tutti i partecipanti di solito invisibili: l’autore, il regista ed i suoi assistenti, i macchinisti e gli spettatori. Pirandello ha dato diritto di cittadinanza a questi personaggi che appartengono sia all’infrastruttura, sia alla sovrastruttura economica dello spettacolo: ha mostrato tutto il teatro nel teatro. L’autore, fisicamente assente ma onnipresente in Sei personaggi in cerca d’autore, ha una funzione più evidente in Vestire gli ignudi, dove rovescia la visione della vita penosamente prospettata dalla mitomania distruttiva dell’eroina; il regista appare in Questa sera si recita a soggetto, dove è proprio la sua assenza che garantisce il successo - deludente per gli attori - dello spettacolo.

L’attore dispiega in queste pièce “teatro nel teatro” tutti i registri della sua multiforme arte, che va innanzi tutto dall’impossibilità di rappresentare e fare rivivere la vita (Sei personaggi in cerca d’autore) all’illusione pericolosa della finzione che tende a trasformarsi in vita (Questa sera si recita a soggetto).

Il pubblico, ridotto ad una proiezione grottesca e tardoromantica nei Giganti della montagna, è integrato come attore complementare in Ciascuno a suo modo. Esso a differenza che nel teatro di Brecht, non è chiamato da Pirandello a svolgere un ruolo specifico nel processo della comunicazione drammatica. L’immagine del pubblico è volontariamente tradizionale, addirittura “reazionaria”: è un pubblico borghese, per non dire filisteo, che batte in ritirata davanti al messaggio propostogli, sempre alla ricerca di chiavi che possano nutrire il suo gusto del pettegolezzo (Ciascuno a suo modo), disposto a interpretare la rappresentazione in modo volgarmente “realistico”, facile all’esaltazione come al dileggio. È un pubblico conformista, verso cui Pirandello cerca di segnare qualche vendetta, perché è quel pubblico di cui subì gli umori e nei cui confronti si diverte a seminare confusione e a saggiare l’istinto di difesa
 
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